Rapporto genitori – figli: rompere la “catena dello stress”

Un tipico scenario problematico di rapporto genitore-figlio è quello in cui si ritrova questa serie di accadimenti:

il genitore (tipicamente il padre)…

  1. Teme che possa succedere qualcosa di brutto a suo figlio
  2. Tenta di persuadere il figlio su cosa fare e cosa non fare
  3. Afferma (più o meno esplicitamente) che i suoi consigli sono indispensabili perché il figlio è incosciente, ingenuo, incapace, etc
  4. E’ visibilmente affaticato per le energie necessarie a svolgere questo “tutoraggio”
  5. Percepisce questa fatica come stress negativo
  6. Reagisce a questo stress negativo con l’arroganza (parla dell’argomento in modo saccente, va fuori tema, offende, tenta di indurre sensi di colpa, paventa gravi problemi nel caso non vengano seguiti i suoi consigli)
  7. A causa di questo atteggiamento arrogante infastidisce e stressa il figlio

…e la “catena dello stress” può andare avanti col coinvolgimento di altre persone che soffrono per la sofferenza di queste due, e che mostrandosi sofferenti a loro volta ispirano la sofferenza per le stesse o per altre ancora, etc.

Chi leggendo tutto questo si riconosce nella parte del figlio, di primo acchito potrebbe osservare

“In effetti vivo una situazione non facile, dovendo sopportare il peso di questi 7 problemi tutti assieme e dovendo tentare ogni giorno di risolverli”

Questa osservazione presuppone un errore cruciale…

Come in tanti altri scenari caratterizzati da vari aspetti, in realtà il problema che infastidisce la persona e che ha urgenza di essere superato è solo uno, e cioè l’ultimo elencato, il risultato finale:  “Tutto questo mi provoca fastidio e stress”.

Risolto questo aspetto, potrà eventualmente avere un senso occuparsi degli altri… dove per “occuparsi degli altri” intendo sia “occuparsi degli altri problemi” che “occuparsi delle altre persone”. È infatti fuorviante il pensiero comune secondo il quale “quando avrò risolto i problemi n. 1,2,3,4,5,6, allora anche l’ultimo, quello relativo al mio benessere, sarà risolto”. Si avvicina molto di più alla realtà un approccio opposto: cominciare dal n.7… e cioè cominciare a occuparsi del proprio benessere indipendentemente dai problemi degli altri. Non è un approccio egoistico, perché è la sola cosa che può funzionare, anche a beneficio altrui.

Alla lunga – e la vita umana è abbastanza lunga – non è sostenibile, ovvero è incompatibile con la nostra salute mentale, compiere un lavoro, per quanto nobile possa essere, se non lo facciamo in condizioni accettabili. Ad esempio:

– In una struttura sanitaria non è sostenibile, per un assistente di base, una strategia per trasferire i pazienti che non tuteli la la schiena dell’operatore; per questo nel suo percorso di formazione le prime nozioni che gli sono state impartite riguardano la propria igiene posturale, e sul luogo di lavoro l’operatore ha il dovere di rifiutarsi di eseguire azioni che possono nuocergli (se le compie e si procura un danno, l’assicurazione non è tenuta a risarcirlo)

– In una missione umanitaria mirata a costruire infrastrutture in un paese del terzo mondo non è sostenibile, per chi organizza l’aspetto economico, distribuire indiscriminatamente denaro a caso fra le persone che incontra, per quanto povere possano essere, perché questo sottrarrebbe alla missione le risorse necessarie a costruire quel pozzo, o quell’ospedale, etc

In qualunque rapporto interpersonale,

“altruista” non deve significare “casinista”.

Prima di tutto, mettere sé stessi in una condizione di sostenibilità. Ovvero in una condizione tale che alla domanda “Se dovessi mantenere questa condizione per tutta la vita, sarebbe accettabile?” la risposta è “Sì”.

In altre parole, un’inutile ed assurda “catena di stress familiare” del tipo

Mio padre ha una paura che riguarda il mio futuro e ci sta male; io sto male perché lui sta male per me, e anche per i modi in cui mi parla; Mia madre sta male nel vedere me e mio padre che stiamo male; io sto male perché vedo quando sta male anche mia madre; mia nonna sta male nel vedere come sua figlia (mia mamma) sta male . . . .

va affrontata così:

PRIMA ROMPI la catena dello stress

DOPO lavora su un “anello” alla volta (SE opportuno… vedi più sotto)

Quindi: prima preoccupati di star bene tu, anche a costo di lasciar peggiorare la condizione emozionale altrui; non proseguire il lavoro se prima non sei riuscito ad ottenere questo risultato; poi, se lo ritieni oppurtuno, se hai voglia di farlo e se lo ritieni realizzabile, va bene aiutare, ascoltare, proporre, dare spiegazioni.

In che modo puoi iniziare a star bene tu? Come sempre, esistono varie soluzioni. Comunque già è di importante aiuto in questo l’intenzione e la decisione di “rompere la catena dello stress” e così, anche se gli altri non se ne accorgono, essere tu l’inizio di un miglioramento.

Altra cosa importantissima:

Rapporto genitore figlioUna volta che stai bene tu, quali a quali problemi altrui è opportuno dedicare le tue energie?

La scelta è tua… io ti fornisco alcune informazioni dedotte da precise leggi della natura (chiamate da Bert Hellinger  “ordini dell’amore”), per avvisarti sulle scelte che di sicuro alla lunga farebbero non migliorare, ma peggiorare la situazione sia per te che per gli altri:

– È destinato a non funzionare ogni tuo tentativo di forzare e modificare il tuo comportamento con lo scopo di rendere felice un’altra persona

– È destinato a non funzionare ogni tuo tentativo di far cambiare comportamento a un’altra persona per aiutarla, se si tratta di un tuo grande*. Vale per il comportamento relativo alle azioni e anche per il comportamento emozionale, cioè quello inerente il proprio dialogo interno.

– Tentare di aiutare una qualsiasi persona in un qualunque modo senza il suo permesso costituisce una mancanza di rispetto e un atto di arroganza nei suoi confronti, salvo che si tratti di un proprio figlio con grave disabilità mentale.

– Stare al proprio posto all’interno della propria famiglia di origine (quindi es. evitare di fare il coach di tua mamma o di tuo babbo) e rispettare la volontà degli altri di pensare e agire come vogliono (nel rispetto della tua incolumità, ovvio!)  migliora di sicuro tutta la tua vita e genererà un miglioramento anche nel rapporto che hai coi tuoi figli. È così, anche se per te non è intuitivo e non ci trovi nessuna correlazione.

Queste informazioni sono ben conosciute da chi ha frequentato seminari di Costellazioni Familiari. Ti invito a iscriverti all’apposita mailing list sul sito www.costellazionifamiliariesistemiche.net per ricevere notizie quando ci saranno i prossimi incontri. In alternativa puoi contattarmi per una costellazione individuale, ricordando comunque che le costellazioni di gruppo hanno un potenziale molto molto maggiore.

* Per “tuo grande” si intende un tuo fratello maggiore o una persona di una generazione precedente alla tua: genitori, nonni, zii (anche se si tratta di zii più giovani di te)

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