“Avevo smesso di fumare da tre mesi, poi una sera mio figlio combinò un guaio e mi arrabbiai tantissimo, quindi ricominciai”
Ho sentito più volte questo tipo di racconto, e scrivo questo articolo per chiarire l’errore di fondo commesso da chi ricomincia a fumare come reazione a un disagio emozionale. È un articolo lungo, e per chi non ha tempo di leggerlo lo riassumo in questa frase:
Se proprio vuoi una sostanza che agisca chimicamente e subito per eliminare un disagio emozionale, piuttosto che una sigaretta (che se ne porta dietro migliaia di altre) è meglio uno psicofarmaco (quelli leggeri procurano un danno e una dipendenza a confronto irrisori).
Questo blog tratta in buona parte tecniche e consigli sull’atteggiamento mentale per una qualità di vita migliore possibile… Una persona sana ha vari modi di reagire a situazioni che provocano rabbia, senza l’ausilio di sostanze esterne o con ausilio di sostanze completamente innocue (vedi rimedi omeopatici o fiori di Bach), e ne parlo in vari articoli. Sono convinto, come probabilmente ne è convinto chiunque si interessi di evoluzione personale, che molti pazienti e molti professionisti della salute facciano un grave errore di fronte a un problema emozionale: ci mettono “una pezza” usando uno psicofarmaco anche nei casi in cui tirare fuori il meglio di una persona grazie alla miglior gestione del dialogo interno ed esterno non solo risolverebbe il problema del momento, ma sarebbe un’occasione di crescita.
Ciò detto, scrivo questo articolo per mettere in guardia dal commettere gli errori opposti, e cioè:
– condannare in massa gli psicofarmaci e il loro uso
– pur di evitarli, usare altre sostanze ben più dannose, considerandole a torto meno pericolose solo per il fatto che sono comunemente usate
Chi ha ripreso il vizio del fumo come reazione ad un’arrabbiatura, all’ansia o altro disagio emozionale non sa una cosa importante:
LA SIGARETTA NON È UNO PSICOFARMACO. E’ qualcosa di molto peggio.
È un dato di fatto che molte persone non hanno presente le discipline di miglioramento personale. Non sanno che esistono tecniche in grado di annullare la rabbia in pochi secondi, e se qualcosa del genere viene loro spiegato sono talmente scettici da non voler neanche provare. Spesso anzi non capiscono di cosa si tratti, specialmente se sono persone anziane. Riferendomi a questo tipo di persone, e immaginando che una di queste sia un ex-fumatore in procinto di accendere una sigaretta come rimedio a un disagio emozionale, disagio che è convinto di dover gestire urgentemente e grazie a una sostanza esterna, ciò che mi verrebbe da dirgli è proprio questo:
LA SIGARETTA NON È UNO PSICOFARMACO.
Non sto qui a spiegare nel dettaglio i motivi per i quali solo apparentemente la nicotina serve a risolvere o smorzare nervosismo o problemi simili, visto che l’ha già detto Allen Carr nel suo best seller “E’ facile smettere di fumare se sai come farlo” (titolo originale “Easy way to stop smoking”). Sta di fatto che usare la sigaretta come psicofarmaco è esclusivamente dannoso, cioè procura uno svantaggio in cambio di nessun beneficio, neanche parziale, neanche temporaneo, se si esclude l’effetto placebo (termine che rende l’idea ma qui stona un po’, visto che lo si usa di solito nei casi in cui la salute migliora).
Per chi proprio vuole una sostanza esterna che faccia da rimedio istantaneo a un disagio emozionale, esistono medicinali appositi. Quelli veri.
Nell’immaginario collettivo gli psicofarmaci sono associati a disastrosi effetti collaterali (lo stereotipo della persona “sotto psicofarmaci” è il paziente psichiatrico grave, visibilmente segnato nel corpo e nella socialità), mentre la sigaretta è una “birichinata” (la differenza fra essere fumatore e non fumatore viene intesa più che altro come differenza di “stile di vita” o “abitudine” piuttosto che come differenza fra essere affetti o no da una malattia, il tabagismo, e ricascare nel vizio del fumo spesso fra amici viene visto, in maniera talvolta addirittura divertente, come la perdita di una scommessa più che una moltiplicazione del rischio di una bronchite cronica, o un tumore, o un infarto o un ictus).
Si tratta di due valutazioni aberranti.
Infatti lo psicofarmaco che un medico prescriverebbe a una persona che lamenta uno stato di disagio dovuto alla rabbia è un medicinale fra quelli che danno dipendenza minore ed effetti collaterali meno gravi (fra tutti i medicinali in generale, non solo fra gli psicofarmaci). Il trattamento potrebbe già concludersi dopo la prima o seconda somministrazione; in casi più difficili può durare di più, diciamo pure anche due mesi. La cosa importante è che successivamente il medico diminuisce la dose gradualmente, fino alla conclusione del trattamento.
Un po’ il contrario accade se invece la persona usa lo pseudo-rimedio sigaretta: la rabbia non se ne va (il fatto che la sigaretta aiuti a calmare la rabbia è una leggenda metropolitana da cui il fumatore e l’ex-fumatore si sono fatti suggestionare), la nicotina entra in circolo e la dipendenza ri-inizia da subito, e dopo poche ore o pochi giorni il risultato è che la rabbia se n’è andata oppure è rimasta indipendentemente dalla sigaretta, e una malattia (il tabagismo) è tornata ed ha grandi probabilità di causarne altre molto gravi e invalidanti.
QUINDI
E’ VERO CHE
– L’abuso di farmaci (di ogni tipo) è un fenomeno di cui sono sottovalutate importanza e diffusione
– Gli psicofarmaci pesanti e presi per lunghi periodi possono causare effetti collaterali con danni anche permanenti
– Un uso improprio di psicofarmaci (in qualità e in quantità) può portare a danni anche gravi, compreso il suicidio
– Gli psicofarmaci pesanti e presi per lunghi periodi danno una grossa dipendenza
– I farmaci sono un mezzo di speculazione da parte di case farmaceutiche e molti medici
– Quando è possibile è bene risolvere i disagi emozionali con varie discipline di sviluppo personale, senza l’aiuto di sostanze che agiscano chimicamente, e trarre dall’esperienza negativa un insegnamento
…MA SICCOME
Ci sono persone che a causa di alcuni loro limiti non sono pronte per le discipline di sviluppo personale, e quando si presenta un disagio emozionale di un certo calibro sono convinte di aver bisogno di una sostanza esterna che agisca velocemente (quindi non Fiori di Bach o rimedi omeopatici), e vanno rispettate…
…SE DI RIMEDIO CHIMICO DEVE TRATTARSI, SI SCELGA IL MENO PEGGIO:
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scelta in base a un luogo comune e alla veloce reperibilità |
scelto e dosato da un professionista della salute in base al problema del paziente |
non funziona |
funziona |
provoca gravi danni |
ha effetti collaterali irrisori o nulli, comunque passeggeri… |
…anche perché tende ad essere assunta in dosi sempre maggiori, anche se il disagio emozionale è scomparso |
…anche perché può essere abbandonato gradualmente e senza difficoltà |
Un motivo per il quale un ex-fumatore ricorre alla sigaretta come rimedio a un disagio emozionale senza chiedersi se ciò abbia un qualche senso è la sua facile e veloce reperibilità. Ma anche su questo aspetto la sigaretta non ha la meglio sullo psicofarmaco:
– se un ex-fumatore conosce sé stesso, e sa di essere facilmente soggetto a disagi psicologici e vuole usare una sostanza chimica per porvi rimedio, può chiedere al medico curante di prescrivergli un medicinale da tenere a disposizione ed assumere al bisogno secondo la posologia indicata.
– se in assenza di un farmaco a propria disposizione percepisce un urgente bisogno di una sostanza chimica per calmare un proprio malessere, può recarsi al pronto soccorso.
Esagerato?
Forse sì.
Ma molto più esagerato e sproporzionato è, di fronte a un disagio passeggero, reagire con la decisione di ammalarsi gravemente e a lungo.