Non spegnere il cervello se non è davvero necessario – 1^ parte

Qualche mese fa ho avuto due brevi dialoghi con due persone (con cui ho molta confidenza) dopo che ognuno di loro era uscito dal bagno di una struttura pubblica senza spegnere la luce. I dialoghi, schematizzando, sono andati più o meno come segue…

– Tizio, perché non hai spento la luce?
– Ho pensato che forse stava per entrarci Caio

[Caio NON entra nel bagno subito: era sopraggiunto per fermarsi nel disimpegno, dove c’era il lavandino, per darsi una lavata alle ascelle; poi entra in bagno, da cui esce senza spegnere la luce]

– Caio, perché non hai spento la luce?
– L’avevo trovata accesa.

Non è buona cosa lasciare la luce accesa se FORSE dovrà entrare un’altra persona (mentre è ovviamente buona educazione farlo se questa persona stava palesemente aspettando il suo turno per entrare).

Ma soprattutto che dire dell’ORRIBILE deduzione “L’ho trovata accesa, quindi la lascio accesa” ?

Spesso anche il cervello delle persone intelligenti è vittima del “torpore” indotto da un’educazione che ha dato loro questo messaggio:

“Se le cose stanno così ci sarà un motivo. Sarai considerato bravo e sarai accettato nella società quanto più ti adatterai allo status quo di ogni ambiente senza fare domande… meglio ancora, senza farti domande”.

Eppure a volte le domande sono così semplici che sembrano rispondersi da sé: “Se ho trovato accesa la luce di questo bagno, è possibile che questo sia dovuto a una regola imposta dalle persone che amministrano questo edificio, per ragioni che non sono in grado di capire?” –> OVVIAMENTE NO. Tenere la luce accesa inquina, fa consumare soldi e chi lo fa non ottiene nessun vantaggio per sé né per gli altri (se trascuriamo il risparmio di fatica nel premere l’interruttore). Talmente facile che è quasi imbarazzante doverlo spiegare.

Prima di revisionare questo articolo al posto della su scritta frase in verde avevo scritto “e chi lo fa è un imbecille”. Poi ho corretto, non solo per rispetto nei confronti dei protagonisti dell’episodio, ma anche per coerenza rispetto a ciò che avevo detto prima, e in cui continuo a credere: spegnere il cervello in modo e lasciare che un banalissimo processo decisionale sia offuscato da una “inerzia adattativa” accade anche alle persone intelligenti.

E il fatto che accada anche alle persone intelligenti è assai sintomatico.

Se anche le persone intelligenti a volte ci cascano, allora quant’è forte e quant’è diffusa l’abitudine a “sottostare/affidarsi all’ordine costituito“, anche quando è palesemente sbagliato, o addirittura a vederlo anche dove non c’è?

Questo tipo di condizionamento è denso come lo smog di una città super-inquinata, in cui gli abitanti vedono non nuvole distinte che a fasi alterne coprono e scoprono la luce, ma un grigiore omogeneo e costante, abituale, normale; del Sole appena sanno che è più su, da qualche parte, come qualcuno ha detto chissà quando, e che in teoria dovrebbe illuminare.

Porta solo vantaggi l’abitudine di non “subire” gli eventi” e tenere il cervello acceso.

Questo non significa ignorare qualunque regola. Possono esistere delle circostanze in cui il vantaggio maggiore lo si ottiene obbedendo, magari senza esprimere dissenso; questo non significa che il senso critico sia addormentato.

Ci sono poi occasioni in cui il senso critico va momentaneamente messo da parte: ad esempio quando qualcuno ci ha proposto una cura su cui siamo scettici ma che si è comunque deciso di provare. Oppure quando è il momento di goderci un’esperienza sensoriale / relazionale, o cimentarsi in una performance sportiva.

In sintesi, il mio consiglio è:

se non hai un buon motivo per spegnere il tuo senso critico, tienilo acceso ovunque ti trovi.

Ti farà sentire coerente e in più probabilmente ti farà comportare e comunicare in maniera da ricevere più apprezzamento da parte degli altri, alla faccia del processo educativo che fa passare il concetto opposto.

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